Enrico Cecotto: un “vecchio” compagno di viaggio

Ci sono “momenti magici” nella vita di un appassionato “lavoratore nel mondo dell’arte” quale mi considero, che rimangono non solo nei ricordi ma che con il tempo sembrano prendere forme concrete nella realtà proprio nelle opere degli artisti.

Conobbi Enrico Cecotto giovanissimo, circa una dozzina di anni fa, credo nel 2008; gli fui messo a fianco su indicazione di Dante Vecchiato, noto scopritore di giovani talenti, di cui ero collaboratore. Con Enrico condivisi i problemi, i progetti e i risultati.

Il giovane di San Donà di Piave, laureato a Venezia in Arti visive, ha quindi avuto un percorso scolastico e formativo presso l’Accademia di Brera a Milano, città piena di stimoli e opportunità. Tuttavia Enrico, nel processo evolutivo, ha sempre mantenuto un’originale freschezza d’approccio comunicativo che solo la gioventù può trasmettere e che, in fondo, è l’anima dell’arte pop.

Le sue opere che “si elevano” dalla superficie verso la terza dimensione con materiali moderni come le plastiche, oppure traspaiono nei “puzzle” dei vetri di Murano, o ancora si sviluppano con chiazze e disegni colorati secondo le linee del disegno delle sculture-pitture, come negli squali di recente produzione, sono sintesi di sogno e realtà che coltiviamo fin da piccoli nel nostro animo.

Enrico, con questa dimensione interiore, è aperto nella vita a tutti spazi, in grado di contestualizzare le sue opere in Milano nell’ ambito dell’evento culinario “Golosaria 2018”, o invece esporre in galleria permanente a Miami negli Stati Uniti.

E’ già nella terra di Andy Warhol, ma sono certo che non è punto di arrivo. Ho imparato qui nel Veneto, da molti anni, che quelli come Enrico sono speciali, sono “razza Piave”!

Maurizio Pentimalli

Saverio Simi de Burgis

Enrico Cecotto lavora da anni su un collaudato repertorio della storia dell’arte riproponendosi in termini originali.  E’ partito da piatte e festosamente colorate nature morte, composte in particolare da accesissimi cromatici frutti resi giganti sulla tela, provocando il desiderio del fruitore con la stessa forza suggestiva di un manifesto pubblicitario elegantemente stilizzato  nei più precisi rimandi formali.  Nelle sue opere utilizza prevalentemente l’acrilico che risulta, nelle piatte stesure, più brillante dell’olio, ma la sua attenzione è da sempre rivolta a voler sperimentare diversi media al fine di rendere più reali e suggestive le sue proposte in termini tattili e tridimensionali.

Cecotto asseconda una connaturata sensibilità motivazionale esprimendo il mondo che gli appartiene: dall’infanzia nelle ridenti terre tra Caorle e Torre di Mosto dove ancora prevalentemente vive e lavora, quando osservava e riprendeva, nei suoi precoci disegni, frutta e verdure disposte accuratamente dal padre nei banchi del negozio in bella posta per l’esercizio quotidiano, o quando ancora ragazzino seguiva con attenzione il lavoro sartoriale della zia, intenta a tagliare e cucire i tessuti più particolari.  Si tratta dell’acquisizione di una conoscenza di materie poi per lui divenute polifunzionali ed è con questo spirito che Cecotto nei successivi studi accademici ha approfondito l’arte di Paul Gauguin e delle sue più varie declinazioni, ravvisabili nella scuola di Pont-Aven o nell’eterogeneo gruppo dei Nabis.  

Questo è il suo modo per riprendere, con un sottile giudizio critico di rivisitazione, le avanguardie del Novecento che sembravano volersi distaccare definitivamente dalla pittura già con il dada di Marcel Duchamp, ma anche nella sua ripresa Pop degli anni Sessanta, fino agli epigonismi estremi di un Maurizio Cattelan o di un Damien Hirst.  E infatti la serie inedita degli squali e dei teschi della sua produzione più recente, oggetto principale delle ultime esposizioni, rivelano questi agganci che, tuttavia, all’interno di una generale sua economia rimangono volutamente del tutto apparenti, casuali, pretesti ironici e intimi validi per portare avanti una personale ricerca. 

Le sperimentazioni sui materiali da aggiungere a quelli tecnicamente più consuetudinari, che morbidamente ispessiscono le sue composizioni, sono generate da una conseguente necessità di sviluppo prevalentemente di tipo spaziale. Letteralmente si gonfiano verso l’esterno in una seduzione che trova corrispettivi ironici nella memoria delle simpatiche figurine ripiene di gommapiuma di infantili ricordi o nel sempre più diffuso ricorso alla chirurgia plastica per gli interventi estetici del momento, come per accentuare e rinvigorire la dimensione tattile che già i colori forti e accesi contribuiscono ampiamente a manifestare all’esterno. 

Cecotto, a sua volta, è positivamente sensibile e coinvolto dall’energia comunicativa che i suoi lavori riescono a trasmettere e non ha timori di rapportarsi con genuina spontaneità all’ambiente circostante.  Nel suo caso, come egli stesso riconosce, si tratta di una Pop sensoriale e relazionale, di una sorta di Street art da lui “legittimata e governata” soprattutto negli interni, e in tal senso non vive complessi di inferiorità nel confrontarsi con l’architettura di tali spazi, né di scadere in un vile arredamento che, anzi, contribuisce a esaltare ulteriormente quando è già di suo qualificato. 

Pur nei temi ambigui e complementari dei loro opposti significati, nei soggetti della sua ricerca delle eterne visioni antitetiche comunemente comprese tra vita e morte, sacro e profano, buono e cattivo, bello e brutto,  Cecotto condivide la sua più sincera positiva motivazione del fare, in piena sintonia  con un appagamento di sensazioni diffuse e condivise.

Saverio Simi de Burgis

Lucrezia Furlan

Innovativo nell’uso dei classici strumenti e materiali, brevetta una sua tecnica che lo rende un artista eclettico all’avanguardia. La sua produzione, definita dallo stesso artista “pop relazionale”, diventa multisensoriale e interattiva, donando al fruitore un’esperienza di contatto volta a regalare emozioni ed evocare momenti passati, dai quali la tecnologia e il costume moderno, con il loro vento d’indifferenza, ci hanno allontanato.

Uno scenario suggestivo in continua evoluzione, sempre più vicino ad abbracciare tutti i sensi. Cecotto non crea un’illusione ma una realtà differente in cui mescola tessuti e materiali diversi creando nuove armonie. Un artista che non abbandona il contesto socio culturale dal quale proviene ma ne assapora ogni goccia, facendo nascere il ciclo HAPPY HOUR. Un’opera pop che strizza l’occhio al sole nascente usato già nei primissimi manifesti italiani. Omaggia i luoghi della tradizione veneta che gli permettono uno studio antropologico culturale, osservando le differenze e le somiglianze tra le varie estrazioni e i gruppi sociali in cui regna sovrano “lo spritz”, come fluidificante nelle connessioni umane. Centrato, consapevole della propria persona, emana vibrazioni di prosperità e abbondanza.

Vestito di colori e profumi d’infanzia, ci presenta l’evoluzione di un tema sempre attuale: STILL LIFE. Tema costante in tutta la storia dell’arte, prova della gratitudine che l’uomo ha sempre provato  di fronte ai doni e agli insegnamenti della natura. Uomo da una spiritualità moderna, mostra gratitudine senza rimanere ancorato al passato. Dagli istinti più bassi trae la forza che, opportunamente imbrigliata, gli permette di essere un uomo radicato, che vive il presente con audacia e consapevolezza.

Un’arte che per questo onora il ciclo della vita senza demonizzare la morte. Anzi quest’ultima è celebrata in un altro ciclo: VANITAS. Teschi dai toni sfarzosi, sfrontati nella materia e nel colore, impreziositi da frammenti di vetro di murano. Una scheggia di femminilità estremizzata, talvolta grottesca. Una trasposizione di un tema classico ambientato nella società odierna, proiettata più all’apparenza che all’essenza. Un’esaltazione alla caducità della vita terrena in cui le anime giovani sono racchiuse in scrigni dorati di cristalli e vanità, di cui rimarrà solo l’eco delle assordanti risa mute. Cecotto con il suo tono ironico ci dà un pugno e una carezza. Senza tralasciare ciò che è più profondo, ci ricorda che la morte è l’ultimo dei regali che avremo in questa vita terrena  e che sta a noi dominare quello che possediamo, perche siamo molto di più di un corpo effimero che viaggia in equilibrio tra il vizio e il piacere.

Una natura saggia e crudele che ora non lascia più spazio alle esitazioni. SHARK. Una serie di allegorie che raccontano con immediatezza uno spaccato della società odierna in cui pochi vivono e molti sopravvivono. Ammaliato da questo predatore, con Cecotto gli aspetti in ombra dello squalo diventano ora luce. Accattivante e seducente, la proiezione di una persona che ascolta i propri istinti e lotta per ottenere ciò che desidera. Lo squalo è, una persona che gioca tutte le sue carte per emergere. Come in natura lo squalo se si ferma muore, cosi l’uomo che non vive il presente è destinato a morire dentro.

Venezia, 20 Marzo 2019
Lucrezia Furlan

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